“Architettura mentale”. Intervista a Edoardo Bennato – “Architettinapoletani”

mercoledì, 16 giugno 2010

Prima di costruire nella città bisogna costruire nelle teste delle persone, una sorta di “architettura mentale”, che stimoli la partecipazione dei cittadini al dibattito intorno alla città. Ben venga dunque uno strumento di condivisione e di confronto come il nuovo sito architettinapoletani.it. Questo il parere di Edoardo Bennato, illustre iscritto all’Ordine degli architetti di Napoli, pronto a collaborare per il lancio del nuovo portale, riprendendo per l’occasione alcune sue vecchie, ma sempre attuali riflessioni sulla città

D: Edoardo, il sito architettinapoletani.it vuole essere uno strumento per una maggiore partecipazione dei colleghi e dei cittadini al dibattito sull’architettura e sulla città. Cosa ne pensi?

R: E’ molto importante stimolare il dialogo e aprire il dibattito nella città. Specialmente a Napoli, dove la comunità tende a rifiutare e spesso anche a vandalizzare ciò che è “pubblico”, perché, a causa di un retaggio del passato, lo ritiene “proprietà del tiranno” e non proprietà della collettività. Questo, purtroppo, accade solo a Napoli.

D: Tempo fa, insieme al professor Michele Cennamo, elaborasti un progetto, la “città obliqua”, che rifletteva sulle possibili connessioni in una realtà orograficamente difficile come quella di Napoli. Pensi sia un progetto ancora attuale e, soprattutto, attuabile?

R: Sì, senz’altro. Ma, per quello che dicevo prima, bisogna preparare la comunità prima di realizzare questi progetti. Prima di costruire nella città bisogna costruire nelle teste delle persone, elaborando una sorta di “architettura mentale” . Altrimenti qualsiasi intervento farà la fine che ha fatto il Centro Direzionale, abbandonato, non curato, non percepito dalla cittadinanza come un bene collettivo e dunque spesso anche vandalizzato.

D: Dunque, prima di tutto coinvolgere i cittadini?

R: Vivamo in una realtà in cui spesso i progetti non si realizzano, ma, quel che è peggio, anche quando si realizzano non vengono curati e sono abbandonati al loro destino. Il patrimonio collettivo non esiste e la gente non partecipa al dibattito sulla città come avviene invece comunemente in Europa o anche nel Nord Italia. E’ proprio da qui che si deve partire.

Pubblicato su Architettinapoletani il 23/5/2008

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